Archive for the ‘ Sport ’ Category

Caccia er filippino. Viperetta Dixit

massimo ferrero

E già, le magliette non dimenticano…

Come sempre tocca alle magliette conservare la memoria delle frasi “storiche”. Certo, non parliamo qui di Giulio Cesare o Mussolini, nè del Papa o di un Presidente americano.

Parliamo di viperetta, il mitico Ferrero, presidente della Sampdoria.

L’ha detto e l’ha ripetuto. E qualcuno si è divertito a conservarne la storia. Dentro una maglietta.

Chissà cosa ne pensa il “filippino” di tutto questo. E se un giorno allo stadio tutti si presenteranno con questa maglietta come un giorno molti indossarono, ad esempio, il mitico “Vada bordo cazzo!” dedicata allo stolto Schettino.

Oppure se un giorno ce ne fosse un’altra di maglietta che dicesse: ” caccia er viperetta…”

M.M. per newsfromtshirts

Twitter allarga (e riduce) i confini del calcio. #Twittao14, il nuovo bar sport.

twitter, cruciano, la zanzara

Una delle magliette speciali e personalizzate per #Twittao14. Un hashtag, una garanzia.

 

 

I maschi, con il calcio, si divertono e si distraggono. Uno zen casereccio. Anche se magari  per alcuni di essi raccontare lo sport è il mestiere, ciò non toglie che esiste una netta separazione tra lavoro e divertimento. E in questo caso il club sorto intorno a #Twittao14, l’hashtag che sta facendo impazzire la comunità italiana di Twitter , riunisce prevalentemente professionisti del giornalismo, sportivo o meno, pronti a trasformarsi in dilettanti per un pronostico.Spogliandosi consciamente della propria sapienza al momento di interpellare l’Oracolo. Quello che si sa è che ci sono migliaia di fans alle porte dell’hashtag che vorrebbero dire la loro -e partecipare- e invece il club ha la classica forma della “torre d’avorio”

zazzaroni, calcio

Un pizzico di Brasil, un pò di Twitter. Il pallone. Ed è sempre Mundial. Ecco il logo ormai già noto di #Twittao14.

Questo scrive uno dei noti partecipanti (Zazzaroni) sul proprio blog:

Ci sono tanti modi per seguire il primo mondiale mostruosamente twitteriano. Trentasei sciamannati fancazzisti ma non del tutto – me compreso – presenti con frequenza sul social più azzurro che c’è lo faranno (anche) attraverso i pronostici di #Twittao14.

Cos’è Twittao14? Un torneazzo (crasi) il cui regolamento parla chiaro, o quasi (non l’ho redatto io): “qui si gioca sul serio ma è evidente che il faticoso conteggio dei punti debba rispondere a logiche di facile lettura anche se ovviamente sarebbe stato possibile dettagliare i punteggi in maniera meno grezza. La raccomandazione per chi ha accettato di giocare a #twittao14 è quella di essere costanti nel gioco anche se i primi risultati non dovessero essere positivi. Ci sono tante partite e recuperare è un attimo.

Insomma, un gioco fatto sul serio, un impegno fatto cazzeggiando…

A presto con le altre t-shirt del Club, speriamo.

(M.M. per Newsfromtshirts)

 

Non sono tutti uguali i calciatori, se visti da sotto la maglietta ufficiale. #Osvaldo, #Totti #Balotelli

football

Osvaldo ci aveva pensato molto prima di esporla.

 

Indubbiamente Osvaldo della Roma è un tipo rock. Non solo per le “sotto” magliette che espone quando si toglie quella ufficiale giallorossa ma anche per la faccia, per la “cara”, diciamo e per la grinta. Parlando però di magliette “urlate” dopo un gol non possiamo non ricordare Totti, al quale la lunga carriera ha permesso di sciorinare una infinita collezione di magliette esposte per il pubblico forse quello meno interessato al lato tecnico della partita. Francesco Totti , sollevando il “giallorosso” ,  ci ha quasi raccontato la sua vita a mezzo di artigianali invenzioni pensate durante la noiosa settimana di allenamenti. Si partiva dallo “sgarro” alla Lazio (vi ho puniti ancora)  alle scuse ai propri tifosi ( scusate il ritardo) per finire a magliette puramente celebrative della propria famiglia. Aggettiviamo il suo modo di fare spot con una maglietta? TRADIZIONALISTA.

E vogliamo parlare di Balotelli? “Why always me?”, una delle sue più famose. Perchè sempre io nel mirino dei giornalisti? Perchè sempre io con i fotografi alle calcagna, anche fuori dai campi di calcio. Ovviamente a Balotelli tutto ciò fa piacere…e dunque lo poniamo nel girone dei VITTIMISTI (allegri), dove la maglietta è un accessorio per far vedere i muscoli. Perchè a Balotelli più che a far vedere la maglietta interessa un altra cosa: far vedere al pur nutrito parco di appassionate del calcio, in televisione e allo stadio, i propri bicipiti e la propria disponibilità ad occuparsi di più donne, anche in contemporanea.

 

osvaldo

Fondo schiena di Osvaldo. Sembra insegnare a De Rossi a comunicare a mezzo di maglietta.

Infine Osvaldo, o Osvaldone, come alcuni allo Stadio lo chiamano. Osvaldo è un tipo rock, dicevamo. Ha avuto il coraggio di ri-suonare il sacro refrain di Totti “vi ho purgato anche io” e ora esporre l’inutile coraggio di omaggiare tutte le donne che amano il rock & Roll, grazie alle esposizione di una maglietta che, secondo noi, ha ben altri significati rispetto a quanto si può semplicemente leggere…Osvaldo ha le sue groupies, Osvaldo fa un concerto, quando segna un gol è il suo acuto, e la maglietta sta a li a dimostrare che nel centravanti oriundo  alberga una star che non ne vuol sapere di allinearsi agli altri uomini sandwich che espongono magliette in campo con delle precise finalità: lui è per il verso sciolto, per l’enigma in rima, per la maglietta che neanche la sua mamma capirebbe. Girone di “magliettaro” ? SEX SYMBOL PURO.

(1ma puntata; marco mottolese per newsfromtshirts)

 

 

 

 

Your T-shirt-with-a-somewhat-arrogant-message pic of the day.

Arrogant or confident?

Arrogant or confident?

 

MANY FOOTBALLING FANS consider Fulham striker Dimitar Berbatov to be a little arrogant, due to his lazy-seeming demeanour.

And this unfavourable reputation is only likely to grow after today.

Having scored the opener for Fulham against Southampton, the Bulgarian revealed a T-shirt, which read: “Keep calm and pass the ball to me.”

Nevertheless, if Berbatov keeps playing the way he has been recently, perhaps his teammates would be best advised to pay heed to such advice.

source: http://www.thescore.ie

Questa non è una maglietta: (ma presto lo sara’…?) #studenti #manifestazione

I grandi copywriter del dialetto romano

Per una volta non pubblichiamo l’immagine di una maglietta ma la foto di quella che potrebbe (e dovrebbe) diventare una maglietta. Il dialetto romano è tra i pochi dialetti italiani che si evolve con l’aggiornarsi della lingua nazionale. Le sintesi dei grandi “copywriter” (occasionali e non professionisti) della Capitale sono eccezionali. Alle manifestazioni come allo Stadio, ai concerti come nelle televisioni locali. Il dialetto napoletano, che tanta fortuna ha avuto presso gli italiani negli anni del dopoguerra (anche grazie ad attori ed artisti immensi)  è stato soppiantato dal romano che, alla fine, non ha avuto nemmeno tanto bisogno della televisione o del cinema per farsi avanti e diventare il dialetto “nazionale”. Certo, Christian De Sica, Proietti…ma non sono solo loro quelli che hanno aiutato il dialetto romano a diventare così amato, così citato, così imitato (anche da chi è ridicolo nel momento in cui ci prova perchè il romano se non in bocca a un “indigeno” suona sempre falso…). Comunque noi siamo certi che certe immagini ( come quella odierna che proponiamo, scattata all’inizio della manifestazione degli studenti) siano il miglior spot per far alzare il livello di gradimento del romano presso tutti gli altri italiani, quelli che non lo conoscono.

E poi, diciamocelo, ma un messaggio del genere, che è allo stesso tempo un messaggio di pace e di remissione, di presa in giro e di furbizia, ma dove lo troviamo? Certo, torniamo con il ricordo allo stadio, quello di Verona, molti anni fa (il Verona era in serie A…) e si leggeva sugli spalti , in occasione di un Verona-Napoli, “Giulietta è ‘na zoccola“….ecco la forza di quello striscione fa il pari con questo stendardo molto più piccolo, molto più dimesso ma di pari rilevanza linguistica e sarcasmo.

Insomma, è ovvio che questa frase se un giorno diventasse t-shirt troverebbe ancor più strade per farsi ammirare…

(Marco Mottolese per newsfromtshirts).

Roma, state of mind, lancia il derby capitolino. #lazioroma

Indovinare lo “state of mind” di Roma…

Una t-shirt nel segno del fair play, di colore giallorosso o biancoceleste a seconda delle tifoserie, in vista del derby della Capitale, tra Roma e Lazio (in programma domenica 11 novembre alle 15). E’ l’idea guida lanciata nelle ultime ore dagli ideatori del marchio “Made in italiano”, che ha già colpito nel segno quest’estate con altre magliette tematiche. Questa volta si sono concentrati sul derby e sul senso di identità delle due tifoserie, legate però da un unico claim: “Roma, state of mind” (Roma, intesa come stato mentale).
Quasi a significare, che al di là delle fedi calcistiche o dei colori, le fan base di Roma e Lazio si devono unire però nell’amore per la Capitale, di cui fanno parte da sempre. Chissà che questo slogan non possa diventare nei prossimi mesi anche il leit motiv di qualche candidato per la poltrona del sindaco.

Fonte: http://affaritaliani.libero.it

 

T-shirts and Tantrums. The John Terry saga .

Eye for an eye makes the world blind (Gandhi)

The John Terry saga has taken yet another absurdist turn  – this latest has fed the insidiously growing monster of racism’s revival.

Protest and activism in a democracy depends on the golden rule that those protesting do not behave against the principles their protest seeks to uphold. Hypocrisy, abuse of process and rights, mob rule, mindless, boorish shouting, bullying, one dimensional showboating, economy with the truth – all are the preserve of the fascist, the racist, the grand corporate wizard and have no place in a movement dedicated to the end of prejudice.

In the Terry case we have seen every single one of these behaviours and as a consequence, rarely have I seen so many people willing to voice trenchant, racist views in open, public forums. This case, to them, is the final death knell of the legitimacy of the anti-racist argument. To them, it proves the issue is one way, that in fact, by objecting to the prejudice of white people against black citizens, we are being duped into ignoring a conspiracy. I am not joking, this really IS what I am seeing on a daily basis.

Since John Terry issued his statement that he would not appeal the FA tribunal decision, the whirlwind has intensified. Terry’s trial is forgotten and his apology, such as it was, was the final admission of his guilt. We got him. Now we must bury him. A number of black footballers have been making their own statement by refusing to wear Kick it Out t-shirts. They do so because they believe that the authorities are not doing enough to combat racism and implicit in that protest is the leniency they believe Terry has been shown. The events in Serbia recently have somehow worked their way into the argument, as if that grotesque display of terrace racism, unseen in the UK for thirty years, is evidence of that FA failure.

A succession of pundits have made clear that Ferdinand has every right to make his protest and it is hard to argue with that on the face of it. But one wonders what he believes the FA should have done to John Terry?  Was it not enough that they ignored his trial and changed their own rules in order to pursue him? Terry himself has endured a criminal hearing, a year of abuse and vilification, hundreds of thousands of pounds in fines, the loss of the England captaincy, enforced retirement from international football and goodness knows what to come.  What does Ferdinand believe he should suffer? An eight month ban similar to that which Ferdinand himself received for his drug test misdemeanour? Public flogging?

Commentators have contended that it is Rio’s human right to refuse to wear the t-shirt. Sir Alex Ferguson disagreed and threatened to deal with him but any punishment will further fuel the fire, confirmation that the entire edifice of football has a downer on black players. But by ramming home the principle of Ferdinand’s human rights we are left questioning why John Terry’s human right to consider his criminal trial outcome to be sacrosanct is ignored? Why Ashley Cole’s right not to be racially abused on Twitter (in the infamous ‘choc-ice’ moment) is set aside?

Journalist who couldn’t stop themselves writing prejudicial, nauseatingly personal tirades against Terry are waiting in line to support Rio and his protesting friends and all the while, those of us who believe in the cause of anti-racism are being assailed by the mob whose belief in the inherent hypocrisy of the movement is growing stronger, more bold, more rapaciously self-confident with every day. With every, frankly, embarrassing tirade from Jason Roberts, wilfully casting aside what is appropriate and fair, implicitly equating Terry with the thuggery and hate of Serbian fans, the ignorant and hitherto sleeping troll of racism begins to stir. This isn’t about what hurts black players any longer, it roars. It is about getting someone you don’t like. It is about Terry, not racism.

Law and process have been the victims in this episode. Credibility and the core righteousness of anti-racism has been kicked half to death because a media witch-hunt, fuelled by personal vendettas, has been allowed to take the driving seat and with it we are all careering back to the dark ages. We might not start to hear racist chants on the terraces, we may not see a growth in violent attacks on black or Asian people, but we are already seeing something just as insidious; people who don’t care anymore, who scoff and treat anti-racism with a sceptical mistrust in a fog of moral equivalence. People feel they have been witness to a defining moment in anti-racism; when it adopted the tactics of the politically malignant force who will, at any costs, pursue their aims, the facade of righteousness stripped away to reveal a duplicitous beast.

It has boiled down to this; Rio Ferdinand’s right not to wear a t-shirt supersedes that of a man found not guilty in a court of law. I shall have to find a way to counter that argument whenever I upbraid a football fan for his racism. I will need a strategy to beat back his moronic assertion that racism appears only to count when it is white on black or when it relates to John Terry. I will no doubt find it hard to call him a fascist pig when he spits back that a man’s criminal trial was totally dismissed by the hypocrites in KIO and the FA.

I will do my best but perhaps you will forgive me if I don’t feel inclined to bother any longer. But at least Rio Ferdinand didn’t have to wear his t-shirt.

t-shirt: www.magliettefresche.it

quoting: http://www.huffingtonpost.co.uk

Hart confessa: “Balotelli? O lo ami o lo odi”

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Il portiere dell’Inghilterra teme la minaccia Balotelli, suo compagno al Manchester City: “Se sta bene è molto forte”. Torna a parlare anche l’ex fidanzata del bomber azzurro, Raffaella Fico: “Mario ama l’Italia, è il suo Paese…”

“Balotelli è una minaccia, o lo ami o lo odi. Se sta bene è molto forte”. Il portiere dell’Inghilterra Joe Hart, compagno di squadra al Manchester City di Mario Balotelli, parla cosi’ del suo compagno di squadra in vista del match che vale l’accesso alla semifinale degli Europei in programma domenica tra l’Italia e la squadra allenata da Roy Hodgson.

“Innervosirlo? Noi penseremo alla nostra partita. L’Italia ha comunque una storia fantastica, con o senza Balotelli”, ha aggiunto Hart.

“L’Italia è sempre stata al centro dei pensieri di Mario. Ama il suo Paese e, se da una parte soffriva gli attacchi razzisti, dall’altra reagiva e andava avanti. E’ quello che gli dicevo anche io, di tenere duro. Adora il suo paese, ne parlava continuamente ed è ovvio che sogni di tornare a giocarci. Ma ama anche gli inglesi che apprezzano il suo modo di porsi diretto e anticonformista. Ovviamente posso parlare del periodo in cui stavamo insieme”. Lo ha dichiarato Raffaella Fico, ex del bomber azzurro Mario Balotelli, a margine dell’evento charity “Sisal Si Vince Tutto” per i terremotati emiliani svoltosi a Roma.

La Fico ha poi aggiunto “per ora escludo un ritorno di fiamma, come qualcuno ha scritto, ora penso solo alla mia missione di madrina e al mio prossimo viaggio in Emilia per manifestare solidarietà alle popolazioni colpite. Inoltre per le vacanze sceglierò la Romagna, bisogna dare un segnale concreto”. Per quanto riguarda gli azzurri, “sarò davanti alla tv a fare il tifo per l’Italia e per Mario, anche se non si sono più sentiti”. Infine, in merito a un ripensamento di lui sulla loro storia d’amore la Fico si è lasciata sfuggire un “mai dire mai”.

Fonte: http://it.eurosport.yahoo.com

Quando a sbagliare sono i miti del calcio. Intervista a Baggio: ‘Sbaglia chi ha il coraggio di tirare’

Quanta gente ha fatto felice Roberto Baggio...

 

Maledetti rigori! Quante volte nella storia del calcio sono i primi della classe a sbagliare al momento decisivo. Stavolta e’ toccato a Cristiano Ronaldo, Kaka’ e Messi. I loro errori sono risultati fatali per Real Madrid e Barcellona fermati in semifinale di Champions League da Bayern Monaco e Chelsea.

Roberto Baggio dopo il rigore sbagliato contro il Brasile in finale ai Mondiali Usa '94

 

Anche all’Italia a Europei e Mondiali e alle italiane in Europa, in passato, e’ successo. Andrij Shevchenko nella finale di Champions League del 2005, sbaglio’, come Pirlo e Serginho, alla lotteria dei rigori. Si giocava a Istanbul. Il Milan era in vantaggio per 3-0 alla fine del primo tempo. Poi, in sette minuti, la rimonta e la vittoria degli inglesi ai calci di rigore. Altro protagonista in negativo fu Luigi Di Biagio con la maglia azzurra. Ai quarti di finale del Mondiale del 1998, match terminato 4-3 per la Francia, prese una clamorosa traversa. In quella lotteria sbaglio’ anche un altro rigorista titolare, Demetrio Albertini.Per tornare al Chelsea, nella finale di Champions League del 2008 contro il Manchester United, giocata a Mosca, Terry sbaglio’ il quinto rigore: se segnava i blues avrebbero vinto la coppa. Vinse lo United.

Forse i piu’ clamorosi sono gli errori di Bruno Conti e Ciccio Graziani nella finale di Coppa dei Campioni, cosi’ si chiamava la Champions League nel 1984, all’Olimpico tra Roma e LIverpool. La coppa con le orecchie ando’ agli inglesi. Nel 1994, invece, l’Italia di Sacchi arriva in finale ai mondiali Usa ’94 col Brasile. Dal dischetto, nella lotteria dei rigori finale, sbagliano Baresi, Massaro e Roberto Baggio.

BAGGIO,SBAGLIA CHI HA CORAGGIO TIRARE – “I rigori li sbaglia solo chi ha il coraggio di tirarli”. Roberto Baggio la pensa come Francesco De Gregori, non è mica da certi particolari che si giudica un giocatore. E così, se alla galleria dei grandi del calcio che hanno fallito dal dischetto si sono aggiunti in 24 ore due campioni come Messi e Cristiano Ronaldo, l’ex azzurro, che a Usa ’94 sbaglio’ dal dischetto dopo i supplementari nella finale con il Brasile, dà all’ANSA un parere assolutorio. E aggiunge: “Dopo 120′ durissimi, poi, è ancora più difficile”.

Fonte: Ansa.it

“Facciamo cambiare strada all’Italia”. Gli appelli dei vip per #Salvaiciclisti

Mangia, dormi e vattene in bici

 

Facciamo cambiare strada all’Italia”. Lo ripetono in tanti, da tutto il mondo della cultura e della scienza. E la strada è quella più sostenibile, meno inquinante e più vivibile che racontano Margherita Hack, Susanna Tamaro, Marc Augè, Jovanotti. E ancora Paolo Belli, Nicola Savino, Ascanio Celestini, Litfiba, Max Pezzali e Filippa Lagerback. Si moltiplicano le adesioni alla manifestazione del 28 aprile a Roma organizzata dal movimento o #Salvaiciclisti – per la sicurezza dei cittadini che si spostano in bici – nato sul web a febbraio scorso per lanciare un messaggio a favore della ciclabilità urbana. In vista della “bicifestazione” ai Fori Imperiali, l’Adnkronos – a firma di Paolo Bellino – ha intervistato alcuni esponenti del mondo della cultura e dello spettacolo che hanno deciso di sostenere #Salvaiciclisti lanciando un appello di partecipazione: “Il 28 aprile tutti a Roma ai Fori Imperiali, perché l’Italia cambi strada”, questo lo slogan. Adesioni variegate e trasverasali. con alcuni messaggi, che sono insieme un appello a rendere più vivibili le nostre città.

Susanna Tamaro, la sopravvissuta.La scrittrice Susanna Tamaro nel 2005 ha avuto un brutto incidente in sella alla sua bici: “Essendo viva per miracolo non posso che aderire con sommo entusiasmo alla campagna #salvaiciclisti. L’impatto bici-auto è un trauma che non auguro a nessuno. È davvero difficile sopravvivere e non uscire menomati”. L’autrice

di “Và dove ti porta di cuore” oggi abita in Umbria ma per molti anni ha vissuto a Roma, muovendosi sempre sulla sua due ruote: “Spostarsi in bici è bello è utile: la qualità della vita, dei rapporti con le persone, cambia in meglio per chiunque. In questi mesi ho visto una reazione enorme da parte delle persone: sono stufe, non ne possono più, è un momento in cui sta catalizzando un’esigenza non più rinviabile”.

Marc Augé, largo ai ciclisti. L’etnoantropologo francese Marc Augé – celebre per la sua definizione di aeroporti, stazioni e parcheggi come “non luoghi” – è autore del saggio “Il bello della bicicletta” e spezza una lancia a favore della bicifestazione: “Sostengo con tutto il cuore la campagna #salvaiciclisti. L’uso della bicicletta in città è un segno di civilità che significa rispetto di sé e degli altri, ma anche dell’ambiente storico-sociale. Pianificare lo spazio per favorire la circolazione dei ciclisti è per me un imperativo politico, nel senso più alto del termine”.

Margherita Hack, occhio ai pericoli. L’astrofisica Margherita Hack sostiene la battaglia del movimento che cerca di far sviluppare anche in Italia la ciclabilità urbana – come avviene nel resto d’Europa – e punta il dito contro i centauri e gli automobilisti maleducati: “Sono loro il vero pericolo per i ciclisti in città. Spero che l’iniziativa abbia il successo che merita e raggiunga gli obiettivi che si propone: serve più rispetto per i ciclisti da parte delle automobili e più considerazione da parte dei politici. Le biciclette non inquinano e permettono di andare spesso alla stessa velocità degli scooter. Sono perfette per le città italiane, con i centri storici stretti e caotici, per riuscire a muoversi con agilità nel traffico: per questo bisogna aiutare e sostenere i ciclisti”.

Max Pezzali, dalla moto alla bici. Un’adesione inattesa a favore di #salvaiciclisti giunge anche dal cantante Max Pezzali, ieri fan sfegatato delle moto potenti (tanto da chiamare il suo primo gruppo “883”, dal nome del modello base dell’Harley-Davidson) e oggi cultore della bici come mezzo di trasporto ecologico: “Per come sono messe le città la bici è l’unica via d’uscita, sono convinto sempre di più che bisogna puntare su tutte le possibilità che la bici dà. Io sono un fan del multimodale: bici più treno, bici pieghevole e metropolitana, e così via. Ma qui in Italia c’è ancora da fare un lavoro enorme. E soprattutto a Roma dove impera la dittatura delle auto, mentre secondo me le macchine andrebbero buttate fuori dalle Mura Aureliane. Per questo sottoscrivo l’appello pubblico a partecipare alla manifestazione del 28 aprile: è uno dei passi che vanno fatti per cambiare la mobilità in Italia”.

Filippa Lagerbäck, svedese in bicicletta. Filippa Lagerbäck, volto noto del programma di RaiTre “Che tempo che fa” con Fabio Fazio e Luciana Littizzetto, da buona svedese ha cominciato presto a pedalare: “Io si sono nata in bici – precisa con orgoglio – e in Svezia mi sono sempre spostata sulla mia due ruote. Quando sono arrivata a Milano, a diciotto anni, ho un po’ mollato perché mi sono accorta che era molto pericoloso”. Poi un ritorno di fiamma alla nascita di sua figlia: “Volevo che anche lei potesse scoprire questa libertà. Ho cominciato a partecipare ai gruppi di pressione e pedalare per Milano, sempre con cautela, perché lo trovo ancora un po’ pericoloso. Per me #salvaiciclisti è una campagna molto interessante e utile: più siamo in strada il 28 aprile e meglio è, bisogna far valere la propria voce. Invito tutti a scoprire una vita migliore, è un favore che si fa a sé e agli altri”.

Linus, maratoneta che #Salvaiciclisti. Anche Linus, anima di Radio Deejay e cultore di maratone e randonnées, sposa la causa: “Consiglio tutti di partecipare alla manifestazione del 28 aprile, assolutamente: è una di quelle occasioni in cui si scopre che la bici è il mezzo migliore anche per godere della città in cui si vive. Andare in bici rappresenta una modalità più civile dell’andare in macchina: credo che valga la pena di tentare un cambiamento. Ogni tanto qualcuno apre polemiche inutili sulle cattive abitudini dei ciclisti: è vero che a volte i ciclisti pensano di avere sempre ragione e hanno atteggiamenti fastidiosi, ma il confronto tra bici e macchina non si dovrebbe neanche fare”. L’appuntamento è per sabato 28 aprile ai Fori Imperiali alle ore 15: una pedalata collettiva per far cambiare strada all’Italia, soffocata dal traffico e dallo smog.

Fonte: MANUEL MASSIMO per Repubblica.it

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