Archive for the ‘ Solidarietà ’ Category

New York, dopo il mirabolante mese di “Artist Residence” di #Banksy, si consacra il museo a cielo aperto più influente del mondo.

norman mailer, banksy, I love NY

La “firma” di Banksy a New York. Una citazione dottissima e pop.

Si è concluso il mese “Banksyano” a New York. Un format “capolavoro” che ha spostato in avanti, nel comune sentire, la percezione di cosa esattamente sia la Street Art. I media di tutto il mondo si sono occupati del geniale Banksy che, prima di andare via, non solo ha fatto della beneficienza in maniera alquanto innovativa ma ha dimostrato che il copyleft è davvero una strada. Basta infatti andare sul suo minisito, appositamente costruito per il mese newyorkese: http://www.banksyny.com/  per trovare la maglietta qui pubblicata, offerta gratuitamente al mondo (riprende una delle opere realizzate nel mese) e per la quale lo stesso Artista ne stimola la produzione di terzi. Ovviamente senza richiedere nulla.

Parallelamente si conclude qui, per newsfromtshirts, la pubblicazione di brani tratti dal libro “cult” “The Faith on Graffiti“, di Norman Mailer. Sono passati 40 anni esatti da quando Mailer individuò i primi taggers, i ragazzi che “cifravano” i muri di New York (…) e che per la prima volta finivano sotto la lente di ingrandimento di un grande intellettuale. L’omaggio dunque di newsfromtshirts, in attesa della pubblicazione dell’intero volume in italiano, è sia per Mailer che per Banksy che per tutti gli ignoti streetartists che hanno fatto sì che oggi, nello scarno panorama mondiale, non vi sia che la Street Art a dire qualcosa di fresco.

(Marco Mottolese per newsfromtshirts).

The Faith of Graffiti

testo di Norman Mailer

fotografie di Jon Naar

traduzione italiana di Andrea Marti/Grandi&Associati

Molti anni prima, addirittura vent’anni prima, A-I aveva ideato una storia che poi non avrebbe mai scritto, perché ne aveva smarrito il senso. Un artista giovane e ricco, a New York, all’inizio degli anni Cinquanta, preso dalla smania di andare oltre l’Espressionismo Astratto, si era messo a prendere in affitto tabelloni di annunci pubblicitari su cui abbozzava grandi disegni mal tratteggiati (per non dire che erano trasandati) con colori scelti per scorrere facili e sfaldarsi rapidamente. La pioggia deformava le linee, creava canali tra le forme; i gas di scarico delle macchine vi stendevano sopra una patina; comete di uccellini in volo incrostavano col loro impasto la superficie in via di sparizione. Quando ebbe completato una cinquantina di tabelloni del genere – un anno prodigioso, per il pittore – ormai era nata una moda. La sua mostra fu un evento. Trasportarono i tabelloni su camion col rimorchio e spaccarono la parete anteriore della galleria per farci entrare gli oggetti d’arte. Fu la più grande esposizione di un singolo artista a New York, quell’anno. Alla sua conclusione, due critici d’arte discutevano animatamente tra di loro se simili opere appartenessero ancora al mondo dell’arte.

Tu sei matto,” gridava uno, “non è arte, non sarà mai arte.”

E invece sì,” ribatteva l’altro, “secondo me è valida.”

Così doveva terminare la storia. Il suo titolo doveva essere “Validità”. Ma ancor prima di aver scritto una sola parola commise l’errore di raccontarla a un giovane espressionista astratto di cui apprezzava le opere. “Certo che è valida,” aveva detto il pittore, gli occhi luccicanti per il progetto. “La farei io, se solo potessi permettermi i tabelloni.”

Il racconto non venne mai scritto. Si era proposto di scrivere una specie di satira, ma era evidente che non aveva idea del modo in cui erano portati a pensare i pittori. Nell’arte era subentrato un certo modo di procedere, che lui non era in grado di distinguere.

Torniamo al pastello di de Kooning cancellato da Rauschenberg. I dettagli, a un’indagine supplementare, mostrano un minor grado di improvvisazione. Per prima cosa Rauschenberg informò de Kooning delle sue intenzioni, e de Kooning acconsentì. L’opera, una volta venduta, riportava la scritta: “Disegno di de Kooning cancellato”. I due artisti, insieme, qui propongono qualcosa di più del concetto secondo cui l’artista ha lo stesso diritto di stampare soldi del finanziere, forse affermano addirittura che la polpa e il midollo dell’arte, il nocciolo della pittura, la vita del colore e il mondo della tecnica grazie al quale le mani si posano su quel dato colore sono convertibili in qualcosa di diverso. L’ambiguità del significato nel Ventesimo Secolo, il vuoto totale al centro della fede si sono tramutati in un buco così ossessivo che l’arte potrebbe trovarsi a essere convertita in transazioni intellettuali. È come se stessimo cercando della roba, roba di qualunque tipo, mediante la quale tappare il buco e a tale scopo convertissimo ogni valore in roba. Perché non c’è dubbio che nel cancellare il dipinto e poi venderlo, l’arte ne risulti sminuita e la nostra conoscenza della società arricchita. Un manufatto di carattere estetico è stato tramutato in un manufatto di carattere sociologico: ora a incuriosirci non è il dipinto in sé ma l’ironia e la ferocia di una moda artistica che in primo luogo ha reso possibile la transazione. In questo secolo si è liberato qualcosa di rabbioso. Magari non stiamo convertendo l’arte nella comprensione di un processo sociale al fine di tappare il buco, stiamo piuttosto servendoci dell’arte per intasare quel buco, come se la società fosse così priva di speranza, cioè così attorcigliata in nodi di spaghetti ideologici senza fede, che la gioia consiste nello strangolare le vittime.

Ma approfondiamo l’esempio. Potremmo immaginare un’esposizione al Guggenheim. Sarà simile a molte di quelle che abbiamo già visitato. Un plausibile, moderno one-man show. Non verrà esposto nulla, solo fogli stampati da computer, di una labirintica operazione statistica. Centinaia di fogli del genere attaccati alle pareti, in maniera un po’ irregolare. Ogni tentativo di ordine verrà contraddetto dalla confusione nel sistemarli, man mano che la parete del Guggenheim sale a spirale lungo la rampa. Disposizioni a scacchiera alternate a fasce ascendenti, poi vicoli ciechi di carta pinzata da ogni lato.

Tentiamo di assimilare l’esperienza estetica. In cosa consistono i fogli stampati dal computer? Qual è l’oggetto della loro indagine, ci domandiamo? E qual è il motivo recondito dell’artista? Ci sta dicendo qualcosa in merito all’ordine e al disordine della mente nel suo rapporto con l’universo della tecnologia? Ci ha presentato una composizione in fieri, di straordinaria scaltrezza? È possibile che abbia addirittura posto il problema al computer stesso, in modo tale che le file infinite di numeri sui fogli stampati riflettano qualche analogo numerico della tensione tra i temi fondamentali del suo cervello? Forse la composizione sarà, allora, l’installazione numerica dei suoi temi nel mondo, e quindi qui avremo un’esposizione aritmetica la cui relazione con l’arte è complessa come quella del Finnegan’s Wake con la letteratura?

Totalità quantica di stronzate, ribatte l’artista. I fogli erano stati scelti a casaccio. Dato che l’artista non intendeva avere alcuna responsabilità per la scelta, neanche inconscia, si era servito di un suo conoscente, col quale non condivideva una forte identità psichica, per fargli scegliere i fogli al suo posto. Né lui né il suo conoscente avevano mai cercato di informarsi sull’argomento del problema statistico, e lui non si era mai curato di dare una sola occhiata a quel che gli veniva riportato. Aveva invece assunto un custode del Guggenheim, tramite telefono, cui aveva ordinato di attaccare le pagine come meglio gli piaceva. La varietà della disposizione era semplicemente un riflesso del personale che passava di lì: il custode aveva lavorato insieme a due assistenti, uno molto ordinato e l’altro ubriaco. E il pittore non era mai venuto a vedere la mostra. La mostra consisteva nel fatto che la gente venisse a vedere la mostra, studiasse le pareti, vivesse un’ora di incertezza al Guggenheim e poi se ne uscisse con la mente agitata da una domanda che non solo non aveva risposta, ma plausibilmente non era nemmeno una domanda. L’artista aveva posto ogni sforzo nel non aver alcun intento, a meno che non si potesse considerare intento dimostrare che tre quarti dell’esperienza di ammirare un quadro risiedono nel contesto del museo stesso. Siamo in prossimità di una delle “Compositions in Silence” di John Cage. L’arte lo ha affermato, e con intensità sempre più forte: la natura del dipinto è diventata meno interessante della natura del rapporto tra il dipinto stesso e la società: possiamo anche cancellare la cancellatura di Rauschenberg, eliminare completamente l’artista dall’opera, ma continua a essere arte. Il mondo a rovescio.

Che passo resta da intraprendere? Uno solo. Una mostra che non offra alcun oggetto artistico. L’ultimo rimando alla pittura e alla scultura è rappresentato dalla parete cui si può appendere qualcosa o dal pavimento su cui si può posare un’opera. Ora devono sparire. Il pezzo-d’arte entra nell’artista: a volte si può avere esperienza dell’opera soltanto all’interno della psiche.

Quella sua maglietta fina. (Le #magliette sono pericolose…)

berlusconi

I e le Papi girls devono stare molto attenti/e

 

 

Vi sembra normale che la professoressa d’inglese di un istituto per geometri di Caserta abbia ordinato a un allievo di togliersi la maglietta recante l’effigie del senatore Berlusconi? Già l’idea di obbligare qualcuno a spogliarsi davanti a Berlusconi, sia pure soltanto in effigie, appare irta di insidie. E poi la professoressa d’inglese (o di sovietico?) non si è limitata a costringere il piccolo fan a togliersi la t-shirt. Gliel’ha fatta indossare al rovescio, come se tenere il Sorrisone a contatto della pelle fosse meno urticante che sbatterlo in faccia alle professoresse del comunismo mondiale. L’insegnante d’inglese (o di nordcoreano?) si sarebbe comportata allo stesso modo se la maglietta avesse avuto il volto di Vasco Rossi o Che Guevara, per citare due popstar altrettanto note, anche se meno poliedriche? E non ci venga a dire, la prof d’inglese (o di cubano?), che indossare a scuola la maglietta di un politico significa fare propaganda. Berlusconi non è un politico. Berlusconi è un’idea. La sua foto sprizzante voglia di vivere e di fregare il prossimo rientra nel catalogo delle icone moderne come la Marilyn di Andy Warhol.

 

Il sopruso compiuto dalla docente d’inglese (o di tedesco dell’Est?) contraddice l’appello alla pacificazione lanciato dalle più alte cariche dello Stato. Quel ragazzo, che in realtà ha 82 anni e infatti è un giovane dirigente del Pd, indossava la maglietta di Berlusconi per dare il suo contributo al governo di larghe intese. Avergliela fatta togliere rivela il vero obiettivo di certe professoresse d’inglese: gettare questo Paese nel caos.

Massimo Gramellini per lastampa.it

nota di newsfromtshirts: non ci stancheremo di dire che le magliette sono armi. Armi improprie. Basta sbagliare maglietta e sei fregato. Come accadeva negli anni ’70 quando sbagliavi quartiere magari col giornale in tasca che non corrispondeva ai “gusti” di quella zona. Erano botte, bastonate; erano dolori. Ecco, con le magliette accade la medesima cosa se non si sta attenti. Indossi una maglietta con Berlusconi e ti rovini la giornata a scuola e finisci sui giornali. Indossi “Che Guevara” e rischi la vita. Indossi “Balotelli” e NON sei razzista. Indossi Valentino Rossi e sei ormai un perdente. Indossi Jovanotti e sei meno che pop. Sei banale. Attenzione dunque a questa arma che ti mette a rischio. Studiare il problema; la maglietta non scherza affatto…E anche Gramellini si è messo a studiare, finalmente.

(M.M.)

 

 

 

Anish Kapoor, sono uno che non ha niente da dire…però: e’ Gandhi il piu’ grande artista della storia.

Occhio per occhio rende il mondo cieco...

Occhio per occhio rende il mondo cieco…

 

Anish Kapoor, definito da molti il piu’ grande artista vivente, non accetta questo ruolo. E in un’intervista a ‘la Repubblica’ afferma: “Non lo sono certamente. Ci sono tanti grandi colleghi. Lo ripeto: sono uno che non ha niente da dire. Avere qualcosa da dire e’ un peso enorme. Io voglio lavorare leggero: essere un idiota e vedere cosa viene fuori. Voglio mantenere una mente da principiante”.

L’artista in questi giorni, per solidarieta’ con l’amico dissidente Ai Weiwei, ha indossato i panni di ballerino in una versione molto particolare di ‘Gangnam Style’, che mima il celebre video del rapper coreano Spy. “Avevo sostenuto Ai Weiwei -afferma Kapoor- in piu’ di un’occasione. Cosi’ quando ho visto il video, cosi’ ironico, che lui stesso aveva realizzato, sempre sulle note di ‘Gangnam’, ho deciso di farne una mia versione, coinvolgendo quanta piu’ gente possibile”. Si tratta di una battaglia per la liberta’ di espressione in Cina, afferma l’artista, sostenendo che “il sistema cinese e’ diventato ricco perche’ corrotto”.

E in questo senso, per la sua battagli artistica, Kapoor cita il Mahatma Gandhi, “che fu capace di cambiare cosi’ profondamente se stesso da trasformarsi nell’atto pollitico in cui credeva. A partire dai vestiti che indossava, il cibo che mangiava, la sua sessualita’. A ogni azione un significato mitologico. Ogni parte di se’ un’opera. Ecco: e’ lui il piu’ grande artista della storia”, conclude.

t-shirt: http://www.magliettefresche.it

Fonte: adnkronos

 

Naomi Campbell disegna T-shirt per beneficenza.

La Venere Nera raccoglie fondi per la sua Fashion For Relief.

Naomi Campbell ha chiamato a raccolta cinque celebri stilisti per concretizzare una linea esclusiva di T-shirt per sostenere la sua charity Fashion For Relief, riuscendo a mettere insieme ben sei bozzetti.

La famosissima ex top model, Phillip Lim, Dolce & Gabbana, Masha Ma, Moschino e Qiu Hao sono infatti stati reclutati da Yoox.com in occasione del lancio in Cina per realizzare delle magliette unisex che saranno vendute attraverso la celebre piattaforma di vendita online al prezzo di 27 euro circa. Una parte dei proventi delle vendite sarà devoluta a Fashion For Relief, l’organizazzione no profit della Campbell.

«Ogni T-shirt trae ispirazione dalla tradizione e l’ambientazione cinesi, rispecchiando al tempo stesso lo stile personale di ogni stilista: quella realizzata da Phillip Lim, ad esempio, riporta la scritta “Rouge” decorata con un motivo floreale che ricorda la sua nuova collezione Primavera 2013, mentre quella di Meschino raffigura un cuore rosso con la firma “Moschina”», ha osservato il sito Fashionologie.com.

Le sei T-shirt sono già disponibili sul sito Yoox.com.

Fonte: http://www.bluewin.ch/

VestoSolidal. Non slogan ma idee, portate, meglio indossate, con forza.

Nice idea: " la conoscenza è Potere!

 

 

Non slogan ma idee, portate, meglio indossate, con forza. Non marketing ma pura creatività. E’ un incontro d’eccezione, quello fra Coop, che ha nel consumo responsabile una delle sue ragion d’essere, e una stilista pioniera della moda etica. Katharine Hamnett, disegna per Coop una collezione di lancio primavera-estate, di chiara impronta ecologista, ma con lo stile che l’ha fatta conoscere in tutto il mondo.
La collaborazione di Coop con Katharine Hamnett si inserisce nel percorso di sviluppo di una linea di prodotti del commercio equo e solidale a proprio marchio (Solidal Coop) che comprende anche l’abbigliamento. Esattamente otto anni fa infatti, fu lanciata la prima polo solidal in cotone biologico a marchio, primi in Italia, fra i primi nel mondo. Proporre una collezione in cui contenuto stilistico e impatto etico si coniugano al meglio, dunque, vuole intercettare la domanda crescente di un consumo etico che è già molto diffuso in altri mercati.

 

Vesto come Penso

 

“Vesto come Penso” indica la volontà di costruire una moda che non sia solo apparenza, ma capace di far pensare. Le semplici t-shirt possono diventare potenti strumenti di comunicazione. Moda realizzata in cotone rigorosamente bio e certificato Fairtrade, proveniente dall’India, in grado di garantire adeguata remunerazione e migliori condizioni di vita per i coltivatori locali. Meglio per chi acquista e immensamente meglio per i coltivatori e per il nostro pianeta.

 

La collezione

 

Per celebrare l’Anno Internazionale della Cooperazione 2012, Katharine ha ideato una t-shirt con slogan “TOGETHER IT IS POSSIBLE” disponibile nelle linee Uomo e Donna, ma  la collezione comprende anche alcuni degli slogan classici di Katharine Hamnett degli ultimi 25 anni, tra i quali “KNOWLEDGE IS POWER” e “STOP AND THINK” e, dedicato ai bambini, “LOVE” e “GENIUS”, e ancora “SAVE THE FUTURE”. La collezione include mini-abiti, t-shirt, shorts e leggings per donna; pantaloni, polo, camice, t-shirt, per uomo e per bambini. Rappresenta il primo step di un percorso che continuerà nel prossimo autunno/inverno.

 

> Guarda la collezione

Fonte: http://www.vestosolidal.it/il-progetto/

Chi è Rossella Urru.

Occhio per occhio rende il mondo cieco...(Gandhi)

 

Sono passati quattro mesi da quando una ragazza sarda di 29 anni è stata rapita in Algeria, e ancora ne sappiamo pochissimo.

Rossella Urru ha 29 anni ed è una cooperante italiana. È stata rapita in Algeria lo scorso 22 ottobre, sembra da alcuni estremisti islamici. Durante l’ultima serata del festival di Sanremo Geppi Cucciari ha parlato della sua storia e questo ha attirato nuovamente le attenzioni dei mezzi di comunicazione e dell’opinione pubblica. Il ministro degli Esteri Giulio Terzi ha garantito che l’unità di crisi è impegnata per ottenere la liberazione di Rossella Urru e che è importante mantenere riservatezza riguardo la situazione delle trattative. Ieri il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha visto i familiari di Rossella Urru, in Sardegna, e ha assicurato loro che le condizioni della ragazza sono buone.

Ecco Rossella.

 

Rossella Urru è nata a Samugheo, in provincia di Oristano. Laureata in Cooperazione Internazionale, Regolazione e Tutela dei Diritti e dei Beni Etno-culturali all’Università di Bologna, lavora per una ONG che si chiama CISP (Comitato Internazionale per lo Sviluppo dei Popoli) ed è coordinatrice del campo profughi per rifugiati saharawi di Hassi Rabuni, nei pressi di Tindouf, in Algeria. Urru ha già portato a termine quattro missioni presso i campi saharawi e altre tre missioni in diversi contesti internazionali. È stata rapita nella notte tra il 22 e il 23 ottobre 2011 da alcuni uomini armati probabilmente del Mali, insieme ad altri due volontari spagnoli, Ainhoa Fernández de Rincón e Enric Gonyalons. Due mesi fa è stato diffuso un video che mostrava tre persone, tra cui probabilmente lei, tenute prigioniere da miliziani islamici armati.

Pare che ad aver rapito Rossella Urru sia stato il gruppo terroristico Jamat Tawhid Wal Jihad Fi Garbi Afriqqiya (Movimento Monoteista per il Jihad in Africa occidentale), una costola dissidente dell’AQMI (Al Qaeda nel Maghreb Islamico), che lo scorso dicembre ha rivendicato l’attacco al campo profughi e il rapimento di Urru. A metà dicembre le autorità algerine hanno arrestato 11 sospetti miliziani ma questo non ha contribuito a individuare con certezza il gruppo che la tiene prigioniera. Secondo Khatri Addouh, presidente del parlamento saharawi, Urru e i due colleghi spagnoli sarebbero detenuti in Mali al confine con il Niger.

Sempre in Algeria è stata rapita il 2 febbraio 2011, oltre un anno fa, anche la turista italiana 54enne Maria Sandra Mariani, pare dal gruppo AQMI.

Fonte: http://www.ilpost.it

 

 

Deputati europei con la t-shirt della Tymoshenko chiedono la scarcerazione

La maglietta è politica!

 
– La sentenza di condanna a 7 anni di prigione per l’ex- Primo Ministro Ucraino Yulia Tymoshenko è stata ancora una volta  duramente criticata dai Deputati del Parlamento europeo riuniti in seduta plenaria a Strasburgo, primo tra tutti l’On. Tiziano Motti (Membro del Partito Popolare europeo, Delegazione UDC) che ha dichiarato: “Il Parlamento europeo si sta facendo garante di requisiti di democrazia e rispetto dei diritti umani, chiedendo alle autorità giudiziarie ucraine di rilasciare la Tymoshenko e di garantire a lei ed ai membri del suo partito incarcerati un giusto processo e condizioni di detenzione che rispettino la Carta europea dei diritti fondamentali”. L’Ucraina gode di rapporti commerciali e politici cosiddetti “di vicinato” con l’Unione europea che su questa base richiede dei requisiti di democrazia e rispetto dei diritti umani ai Paesi partners. Il 9 giugno 2011 l’Assemblea di Strasburgo ha adottato una risoluzione politica a favore della Tymoshenko.Approfittando della speciale concentrazione mediatica dovuta all’elezione del nuovo Presidente del Parlamento europeo, i Deputati hanno indossato in Aula una t-shirt con la foto dell’ex Primo Ministro ucraino. “Julia Tymoshenko è la leader dell’Unione di Tutti gli Ucraini “Patria” e del Blocco Elettorale Julija Tymošenko; inoltre dal 2007 al 2010 ha ricoperto la carica di primo ministro dell’Ucraina, dopo aver ricoperto la stessa carica dal 24 gennaio all’8 settembre 2005 in seguito alla “Rivoluzione arancione” che portò alla denuncia di brogli elettorali, radunando sostenitori della democrazia in piazza a Kiev che chiedevano giuste elezioni sventolando sciarpe arancioni. Per questo fu chiamata “La Giovanna d’Arco della Rivoluzione Arancione”. È stata inoltre la prima donna a ricoprire la carica di primo ministro dell’Ucraina. Nel febbraio del 2001 la Tymošenko fu arrestata per falsificazione di documenti e importazione illegale di metano tra il 1995 e il 1997 (mentre era presidente della Compagnia Generale di Energia) ma fu liberata la settimana successiva. Secondo Tymošenko, i documenti falsi erano stati creati dal regime di Ku?ma, in combutta con gli oligarchi che si opponevano alle riforme di mercato. Prima di diventare la prima donna premier in Ucraina era considerata la più importante alleata del capo dell’opposizione Viktor Juš?enko (Tymošenko era stata una deputata del suo gruppo quando Juš?enko era premier), sostenendolo durante la campagna per le presidenziali del 2004. Il 5 agosto 2011 il tribunale di Kiev ne ha ordinato l’arresto nel processo che la vede imputata per aver stipulato un contratto per la fornitura di gas russo all’Ucraina senza aver avuto il preventivo consenso del governo. Julija Tymošenko è stata arrestata in aula. Il giorno 11 ottobre 2011 è stata condannata a 7 anni di carcere per aver esercitato pressioni su un accordo per la fornitura di gas con Putin. Lei ha ascoltato la sentenza seduta in tribunale con in mano un iPad, annunciando in seguito che farà ricorso alla Corte europea per i diritti umani, sostenendo si tratti di sentenza politica. Il 22 novembre la Tymošenko è stata ricoverata in ospedale a causa di dolori lombari che da giorni la costringono a letto. Il 23 dicembre, la corte d’appello ha confermato la sentenza di primo grado a sette anni di reclusione. Il Parlamento europeo si sta facendo quindi garante di queste condizioni.

Marni for H&M per il Giappone.Iniziativa charity.

Naif, come sono i giapponesi...

 

A fine novembre è stata annunciata la prossima incursione nel mondo del lusso di H&M: l’8 marzo 2012 approderà negli store della catena fast fashion la capsule collection realizzata da Consuelo Castiglioni di Marni.

Solo pochi giorni fa, invece, è stata annunciata un’interessante iniziativa charity collegata alla linea Marni for H.

Si tratta di una t-shirt unisex, la cui vendita –esattamente il 25% del ricavato– servirà per raccogliere fondi in favore della Croce Rossa giapponese per le vittime del terremoto e dello tsunami che si è abbattuto sul Giappone nel marzo scorso.

Fonte: http://www.luxgallery.it/

Chador addio.

Il nuovo volto delle donne iraniane?

 

Chador addio. Al suo posto cappotti sbottonati che mettono in mostra il corpo e hijab dai colori sgargianti che coprono a malapena il capo. Le donne iraniane già gridano alla ‘rivoluzione’, per gli analisti è un’operazione per catturare qualche voto del ceto medio in vista delle prossime elezioni. Ma tutti concordano: la linea di moda ‘all’Occidentale’ approvata dal governo di Teheran cambierà il modo di vestire nella Repubblica Islamica.

Una ‘svolta-fashion’, quella voluta dal governo, che riflette lo scontro in atto tra il clero ultraconservatore e l’ala ‘laicista’ vicina al presidente Mahmoud Ahmadinejad, che viene accusata di deviazionismo e di voler rifondare i valori di riferimento del Paese. Madri e figlie intanto guardano entusiaste gli abiti di velluto e le sciarpe indossate dai manichini nella ‘fashion-show’ organizzata dal ministero della Cultura e della Guida Islamica. Tra le giacche dai colori accesi, il chador nero, l’austero abito tradizionale che copre le donne iraniane fino ai piedi, sembra solo un lontano ricordo.

«La adoro» spiega Shoukoufeh Arabpour, studentessa di fashion design, riferendosi a una mantella di velluto blu tagliata sopra il ginocchio, lontana un abisso dall’abito nero che l’avvolge. Intorno a lei oltre 100 modelli in competizione per il premio di miglior abito ‘islamico’. «Purtroppo – commenta la ragazza, 23 anni, al ‘Washington Post’, – in confronto alle altre Nazioni, non possiamo indossare i vestiti che ci piacciono».

La linea di moda lanciata dal governo non trasformerà di certo le vie di Teheran in una sfilata di aspiranti Lady Gaga, ma ha l’obiettivo di regolare il codice di abbigliamento femminile, ritenuto una giungla inestricabile. Malgrado le leggi in vigore e i tentativi degli ultraconservatori di renderle più severe, sempre più ragazze indossano abiti occidentali e arrivano perfino a tingersi di biondo platino, giocando sul sottile filo di ciò che è lecito e ciò che non lo è. Un comportamento biasimato dagli ayatollah che chiedono di rispettare le norme etiche e che può portare anche all’arresto. Lo sanno bene centinaie di ragazze che ogni anno vengono incarcerate per avere l’hijab fuori posto o per non aver obbedito al codice di abbigliamento.

La linea approvata dal governo si pone proprio l’obiettivo di conciliare moda e tradizione, permettendo alle donne di indossare abiti simili a quelli che si vedono nelle vetrine delle capitali occidentali a patto che siano in conformità con i valori fondamentali della Repubblica Islamica. Zahra Ranjbar è l’organizzatrice della ‘fashion show’ e spiega gli scopi dell’iniziativa voluta dal governo. «Vogliamo mettere dei codici sugli abiti approvati ufficialmente dal governo e fornire un permesso scritto alle donne che decideranno di indossarli in modo da impedire che siano arrestate», sottolinea la Ranjbar. «Stiamo facendo questo per la gente, per proteggerla», aggiunge.

Intanto, proprio oggi, le autorità hanno annunciato che manderanno in tv uno spot per reclamizzare 32 modelli di chador. Secondo Parvin Salihi, consigliere della Tv di Stato iraniana, si tratta di modelli disegnati da stilisti iraniani con l’obiettivo di re-islamizzare la società, in accordo con la moda che seguono le più giovani. Le aperture sul codice di abbigliamento riflettono le trasformazioni in corso nella società iraniana, composta per il 70% da giovani under 35.

Sempre più donne, anche quelle filo-conservatrici, oggi guardano su internet video e film occidentali, postano i loro messaggi su Facebook e, nel caso possano permetterselo, trascorrono le loro vacanza sulle spiagge turche o di Dubai. Sono abituate quindi a un certo modello di vita e non vogliono rinunciarvi anche a costo di rischiare il carcere.

Per gli osservatori, la querelle sulla linea di moda del governo sembra invece aprire un nuovo capitolo dello scontro ai vertici della Repubblica Islamica tra Ahmadinejad e la Guida Suprema Khamenei, sostenuto dai ‘falchi dello schieramento ultraconservatore che accusano il presidente e il suo entourage di ‘deviare dai valori fondamentali alla base del sistema politico-religioso dell’Iran. Sullo sfondo la lotta già aperta per le elezioni parlamentari di marzo, vero banco di prova dei rapporti di forza nel campo conservatore in visto della ‘battaglia per la presidenza dell’anno successivo.

 Fonte:“Leggo.it”

Da Bergamo la civetta Molla fa impazzire il web.E’ una civetta allevata dai Falconieri delle Orobie a Villa d’Adda, comune del Bergamasco. Naturalmente, su Facebook impazza la pagina dedicata a lei. Il video spopola on line.

La civetta la sa lunga...

 

Sette milioni di clic su Youtube in due settimane. In Rete è nata una stella: si chiama Molla. E’ una civetta allevata dai Falconieri delle Orobie a Villa d’Adda, comune del Bergamasco. Naturalmente, su Facebook impazza la pagina dedicata alla Lovely Owl, l’adorabile civetta, così s’intitola il video girato quasi per caso, durante una manifestazione dei Falconieri.

L’autore del video è Giuseppe Pantano Arnone, 32 anni, agrigentino, residente in provincia di Monza, art director di un’agenzia pubblicitaria brianzola. Giuseppe ha ripreso Molla accarezzata da Martina, 12 anni, figlia di Massimo Iona, leader del Gruppo Falconieri.

Le immagini della civetta rimbalzano di sito, di tweet in tweet e il successo planetario è assicurato. Lovely Owl finisce sul sito della Bild, sui giornali del Canada e della Nuova Zelanda. “Questo video è un trampolino di lancio per la falconeria e ne siamo immensamente felici – ha osservato Iona – Pochi sanno che questa antica arte è considerata patrimonio dell’umanità dall’Unesco”.

maglietta: www.magliettefresche.it

Fonte: http://qn.quotidiano.net

 

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