
Più pop di così…
Se si tiene conto dell’importanza che riveste nella storia della scienza (e non solo), è piuttosto sorprendente che Galileo Galilei non abbia mai davvero sfondato come icona della cultura pop. D’accordo, ci ha provato Freddy Mercury canticchiandone insistentemente il nome in “Bohemian Rhapsody”, ma oggettivamente è un po’ poco, per il padre della scienza moderna. L’unico omaggio di una certa rilevanza che mi viene in mente è quello della navetta Galileo della serie originale di “Star Trek”: una specie di personaggio ricorrente, che compare per la prima volta in un episodio che si segnala anche per la presenza di un membro dell’equipaggio di probabile origine italiana (un certo Gaetano, altro non si sa), una mosca bianca nella storia della fantascienza televisiva.
A parte questo, nel panteon del geek contemporaneo Galileo è una figura rispettata ma vagamente defilata. Il problema è che lo scienziato pisano si porta dietro tutta una polverosissima eredità di polemiche secolari tra scienza e religione, cosa che ha finito per trasformarlo, suo malgrado, in una specie di martire laico, immancabilmente circondato da un alone di seriosità e devozione. C’è pure, incredibile a dirsi, una reliquia: un dito conservato nel Museo di Storia della Scienza a Firenze. Il dito, per la cronaca, è il medio della mano destra, e viene esposto in posizione pericolosamente verticale.

La rivoluzione passa per la Scienza
Insomma, Galileo è diventato un santo, e coi santi non si scherza. Mettiamoci anche la barbona lunga, la solennità corrucciata dei ritratti ufficiali, ma non te lo immagini su una t-shirt o trasformato in un action-figure, al pari di suoi colleghi come Albert “ho perso il pettine” Einstein o persino l’antipaticissimo Newton: e forse è meglio così, per carità. Peccato però che il vero Galileo fosse una persona sanguigna, che frequentava le osterie venete, litigava coi colleghi, ridicolizzava gli avversari, aveva buone entrature politiche ma, soprattutto, amava smanettare con arnesi che potremmo considerare l’equivalente dei più sofisticati gadget tecnologici odierni: pendoli, orologi ad acqua, piani inclinati, e altri congegni. Per non parlare del cannocchiale, che Galileo si era costruito da solo, dopo aver letto (sul “Wired” dell’epoca?) della sua invenzione da parte di un artigiano fiammingo. Era uno che ti riesci a immaginare con le maniche arrotolate e i calzoni sporchi di grasso mentre ripara un meccanismo. Insomma, Galileo era un “hacker” e un “maker”, uno che si è inventato una cosa che non esisteva prima, un metodo per capire il mondo e per produrre innovazione. E in più ce l’ha regalato perché potessimo metterci le mani anche noi: era roba open source. Poi, anche per questo, è finito nei guai, ma di questo si è parlato in abbondanza: e a questo punto anche basta.

Il dito medio…
Forse dovremmo riscoprirlo (e, come italiani, esserne orgogliosi) per la sua modernità, per quello che può insegnarci su come affrontare i tempi che viviamo e costruire quelli che verranno.
Fonte: http://www.wired.it
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